Il Natale secondo l’Apostolo Giovanni

Giovanni 1:1-18 il prologo e cuore del Vangelo

Traduzione ed elaborazione di Manuel Morelli delle note presenti in:
Crossway Bibles, ed. ESV: Study Bible: English Standard Version. ESV text ed. Wheaton, Ill: Crossway Bibles, 2007, pp. 2189-2190.


Il prologo: la parola incarnata. 

Nel prologo Giovanni presenta Gesù come l’eterna, preesistente, ora incarnata Parola di Dio (versetti 1, 14) e come l’unico Figlio del Padre (unico nella sua specie) il quale è Egli stesso Dio (versetti 1, 18). La rivelazione e la redenzione di Dio in Gesù e attraverso Gesù sono manifestate in maniera tale che in lui sia raggiunto il culmine, l’apice della storia della salvezza, la quale include l’evento precedente del dono di Dio della Legge tramite Mosé (versetto 17), il dimorare di Dio in mezzo al suo popolo prima nel tabernacolo e poi nel tempio (versetto 14), e l’invio dell’apripista Giovanni il Battista (versetti 6-8, 15). Il prologo introduce anche la maggior parte dei temi principali di tutto il Vangelo che in seguito saranno sviluppati, come ad esempio Gesù “la vita” (versetto 4), “la luce” (versetti 5-9), e “la verità” (versetti 14, 16-17), i credenti come figli di Dio (versetti 12-13) e il rifiuto di Gesù da parte del mondo (versetti 10-11).

 

Giovanni 1:1

Nel principio era la parola. Allude alla frase iniziale del libro della Genesi, “nel principio Dio creò i cieli e la terra”. Giovanni molto presto identificherà questa Parola con Gesù (versetto 14), ma qui lui colloca l’esistenza di Gesù nell’eternità passata con Dio. Il termine “la Parola“ (dal greco logos λόγος) porta il significato dell’auto rivelazione di Dio e del Dio che parla, portando con sé un ricco background dall’Antico Testamento. La parola di Dio è efficace: Dio parla e le cose vengono create e portate all’esistenza (Genesi 1:3, Salmo 33:6, Salmo 107:20, Isaia 55:10-11), e il Dio che parla è la presentazione del Dio che si relaziona in maniera personale con il suo popolo (Genesi 15:1). Giovanni inoltre mostra come questo concetto della Parola sia superiore alla concezione filosofica greca, la quale concepiva il logos come un concetto astratto ed impersonale il quale era inteso come Ragione che poneva ordine nell’universo. La Parola nel Vangelo è invece personale poiché è una persona!

E la parola era con Dio indica la relazione interpersonale con Dio, però “e la parola era Dio” afferma che questa parola era anche lo stesso Dio che ha creato l’universo nel principio. Qui troviamo i mattoncini principali che hanno portato alla definizione della dottrina della Trinità: l’unico e vero Dio esiste in più di una persona divina, le quali si relazionano l’una con l’altra, le quali sono eterne ed esistono da sempre. Nonostante tutto, molte persone dal periodo della patristica (Ario) fino ai giorni nostri (i testimoni di Geova) insistono nell’affermare che “la parola era Dio” in realtà identifica Gesù come un Dio invece che identificarlo con l’unico Dio, perché la parola greca per Dio (Theos θεός) non è preceduta da un articolo definito. Nonostante ciò, la grammatica della lingua greca, secondo la regola di Colwell, insegna che la traduzione letterale “un Dio“ non è strettamente necessaria, poiché la mancanza di un articolo definito non indica necessariamente una situazione di indefinitezza (un Dio) ma invece è usata nella lingua greca per specificare che un determinato termine (Dio) è il predicato nominativo di un soggetto definito (la Parola). La mancanza dell’articolo definito davanti a Dio quindi secondo la grammatica greca è usato per indicare quale sia l’oggetto nella frase: la traduzione corretta è infatti “la Parola era Dio“, piuttosto che “un Dio era la Parola“ oppure “la Parola era un Dio“. Questo significa quindi che il contesto deve determinare il significato di  Theos in questo caso: il contesto chiaramente indica che questo Dio che Giovanni sta presentando (la Parola) è l’unico vero Dio che ha creato tutte le cose (vedi anche Giovanni 1:6,12, 13,18 per altri esempi dell’uso di Dio senza un articolo definito che però implica molto chiaramente il significato dell’unico vero Dio, non un “dio” generico). Se Giovanni avesse usato due articoli definiti, uno davanti a Dio e l’altro davanti alla Parola, avrebbe potuto dare l’idea che esistano due “dei” separati, implicando così il politeismo. Ma Giovanni invece con questo particolare costrutto grammaticale sta implicando che esistono due persone divine distinte, ma mantenendo il monoteismo ebraico, in continuità con l’Antico Testamento. Giovanni ci sta dicendo in tal modo che la Parola ha la stessa identità di Dio, la stessa natura divina, pur presentando due persone divine distinte.

 

Giovanni 1:3

Tutte le cose. Include l’intero universo, indicando che (ad eccezione di Dio soltanto) tutte le cose che esistono sono state create e che (ad eccezione di Dio soltanto) niente di ciò che esiste è eterno.

Sono state fatte attraverso di lui. Segue in maniera consistente lo schema logico delle Scritture le quali dicono che Dio Padre ha realizzato il suo lavoro creazionale attraverso l’attività del Figlio (1 Corinzi 8:6, Colossesi 1:16, Ebrei 1:2). Questo versetto rifiuta ogni eventuale idea che la Parola (chiamata anche “il Figlio”, Giovanni 1:14) è stata creata, poiché il Padre l’avrebbe dovuta creare da solo, da se stesso, ma Giovanni però ci dice che niente di ciò che è stato creato è stato fatto in tale maniera, poiché tutto ciò che Dio ha creato è stato creato se non attraverso la Parola. Secondo Giovanni quindi un Dio muto non può creare nulla! La Parola di Dio non può essere stata creata perché Dio crea esclusivamente tramite la Parola. Quindi la Parola deve necessariamente essere eterna come Dio Padre.

 

Giovanni 1:4-5

I riferimenti alla vita, luce e tenebre continuano a ricordarci la narrativa di Genesi. Tenendo ben presente questo background, Gesù è presentato come la luce che porta a questo mondo di tenebre la vera conoscenza, purezza morale e la luce che manifesta la vera presenza di Dio (Giovanni 8:12, 1 Giovanni 1:5).

 

Giovanni 1:11

Giovanni fa la transizione dalle cose che sono state create e che appartengono a Dio, ossia la creazione, al popolo che gli appartiene, ossia i guidei. Il rifiuto del Messia da parte dei giudei, nonostante le molte prove convincenti dell’identità messianica (i segni miracolosi), è un altro dei temi principali del Vangelo.

 

Giovanni 1:12-13

Non lo hanno ricevuto non implica meramente soltanto un concordanza intellettuale relativamente a certi fatti storici relativi a Gesùm ma implica il concetto più ampio di accoglierlo con benvenuto e sottomettersi a lui in una relazione personale. Il verbo credere (pisteuō πιστεύω) implica fiducia personale. Il suo nome si riferisce a tutto ciò che riguarda lui e quindi la totalità della sua persona. Nato non dà sangue… ma nato da Dio chiarisce il fatto che non una nascita fisica, nemmeno una discendenza etnica, nemmeno sforzi umani possono produrre la nascita dei figli di Dio, ma soltanto il lavoro soprannaturale di Dio (Giovanni 8:41-47, Giovanni 3:16). Questo estende la possibilità di diventare figli di Dio anche ai gentili e non soltanto più soltanto ai giudei (Giovanni 11:51-52, Giovanni 10:16). Tutti coloro… che credono… egli gli ha dato il diritto indica che la fede salvifica precede necessariamente il diventare membri della famiglia di Dio tramite l’adozione come suoi figli.

 

Giovanni 1:14

La Parola è diventata carne non significa necessariamente che la Parola ha cessato di essere Dio, ma al contrario, la Parola, che è Dio, prende su di sé anche la natura umana (Filippesi 2:6-7). Questo è l’evento più clamoroso e magnifico di tutta la storia: il Figlio di Dio eterno, onnipotente, onnipresente e infinitamente santo, ha preso su di sé una natura umana ed ha vissuto in mezzo all’umanità come colui che era contemporaneamente sia Dio che uomo, in un’unica persona.

Abitò tra di noi significa letteralmente “piantò la sua tenda” (dal greco skēnoō σκηνόω), certamente un’allusione all’abitazione di Dio tra gli israeliti nel tabernacolo (Esodo 25:8-9, 33:7). Nel passato Dio aveva manifestato la sua presenza al suo popolo prima nel tabernacolo e poi nel tempio. Ed ora Dio prende residenza tra il suo popolo tramite la Parola incarnata, Gesù Cristo (Giovanni 1:17). Quindi, la venuta di Gesù Cristo adempie la simbologia dell’Antico Testamento relativa all’abitazione di Dio con l’uomo prima nel tabernacolo e poi nel tempio. Successivamente, attraverso lo Spirito Santo, Cristo costituirà la chiesa come il tempio di Dio (1 Corinzi 3:16) e di conseguenza i singoli cristiani (1 Corinzi 6:19).

Il riferimento alla gloria di Dio ancora una volta allude al passaggio dell’Antico Testamento che narrano la manifestazione della gloriosa presenza di Dio nelle teofanie (apparizioni di Dio), nel tabernacolo o nel tempio (Esodo 33:22, Numeri 14:10, Deuteronomio 5:22).

L’unico Figlio dal Padre. Gesù è il Figlio di Dio, non nel senso che è stato creato da un atto riproduttivo (vedi Giovanni 1:3), ma nel senso che lui in qualità di Figlio è esattamente identico al Padre in tutti i suoi attributi divini, e nel senso che gode di una relazione Padre-Figlio unica. La parola greca che enfatizza l’unicità (monogenēs μονογενής) significa infatti “uno nel suo tipo, unico” come nel caso ad esempio di Isacco che è chiamato l’ “unico figlio nella sua specie” di Abramo, in ebrei 11:17, in contrasto con Ismaele. Isacco non era di fatto l’unico figlio, figlio unigenito, poichè era fratello di Ismaele, ma era unico in qualità, l’unico figlio secondo la promessa di Dio! Quindi “unigenito” e tradotto in maniera più precisa con il termine “unico”.

 

Giovanni 1:16-17

Grazia indica il favore immeritato di Dio che porta benedizione e gioia. La coppia di termini “grazia e verità” allude alla terminologia ebraica “amore costante (חֶ֫סֶד) e fedeltà/verità (אֱמֶת)” che ad esempio in Esodo 34:6 esprimono la benedizione dell’alleanza di Dio verso il popolo di Israele, manifestata nel suo amore eterno e nella sua fedeltà. Secondo Giovanni, la fedeltà dell’alleanza di Dio trova la sua espressione definitiva e più alta nell’azione di Dio che mandò il suo unico Figlio, Gesù Cristo. Il contrasto non è tra la Legge mosaica la quale viene presentata come cattiva e l’arrivo di Gesù che invece è buono. Invece entrambe, sia il dono della Legge che la venuta di Gesù Cristo, stabiliscono eventi decisivi nella storia della salvezza. Con la Legge, Dio aveva graziosamente rivelato il suo carattere e i requisiti di giustizia che la nazione di Israele doveva rispettare. Gesù invece stabilisce la rivelazione definitiva ed ultima della grazia e della verità di Dio (Ebrei 1:1), poiché lui è superiore ad Abrahamo (Giovanni 8:53), Giacobbe (Giovanni 4:12) e Mosé (Giovanni 5:46-47,9:28). Gesù rigenera i cuori dei credenti, secondo la nuova alleanza, scrivendo nelle loro menti e cuori la Legge di Dio e permettendo loro di vivere tale legge in allegra obbedienza al Padre, con cui hanno un rapporto intimo familiare.

 

Giovanni 1:18

Nessuno ha mai visto Dio, questo è senz’altro vero nella sua forma piena e completa (Giovanni 6:46). Certamente alcune persone avevano visto una rivelazione parziale di Dio nell’Antico Testamento. Ma vedere Dio attraverso Cristo è certamente superiore e migliore (vedi Giovanni 14:6). Alcuni manoscritti antichi presentano i termini “l’unico Figlio“ in questo passaggio, ma altri manoscritti precedenti presentano invece “l’unico Dio” . Giovanni quindi si sta riferendo qui a due persone distinte, attribuendo ad entrambe il termine “Dio”, come ha già fatto al versetto 1. Giovanni quindi conclude il suo prologo ribadendo ciò che lui ha insegnato nel primo versetto: Gesù è la Parola che è Dio, la quale rivela e manifesta Dio all’umanità.

 

Gesù è Dio!
Esempi specifici nei quali il termine greco Theos θεός (Dio) è applicato direttamente a Gesù:

 

Giovanni 1:1

“Nel principio era la Parola e la Parola era presso Dio, e la Parola era Dio

 

Giovanni 1:18

“Nessuno ha mai visto Dio; l’unigenito Figlio/Dio, che è nel seno del Padre, è colui che lo ha fatto conoscere”

 

Giovanni 20:28

“Allora Tommaso rispose e gli disse: «Signor mio e Dio mio

 

Romani 9:5

“dei quali sono i padri e dai quali proviene secondo la carne il Cristo che è sopra tutte le cose Dio, benedetto in eterno. Amen”

 

Tito 2:13

“aspettando la beata speranza e l’apparizione della gloria del grande Dio e Salvatore nostro, Gesù Cristo

 

Ebrei 1:8

“del Figlio invece dice: «O Dio, il tuo trono è per i secoli dei secoli, lo scettro del tuo regno è scettro di giustizia”

 

2 Pietro 1:1

“Simon Pietro, servo e apostolo di Gesù Cristo, a coloro che hanno ricevuto in sorte una fede preziosa quanto la nostra nella giustizia del nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo

 

Tematiche: Teologia biblica

Manuel Morelli

Italiano, romagnolo, sposato con Jania e padre di Rebecca e Rachele. Dopo gli studi conseguiti in ingegneria a Bologna, studia teologia presso IFED Padova con i prof. Bolognesi, De Chirico e Simonnin; presso il London Seminary con i prof. James, Green, Simonnin e Williams e si specializza in ecclesiologia battista presso 9Marks con la chiesa Capitol Hill Baptist Church di Mark Dever, a Washington DC. Oggi è il pastore della chiesa evangelica battista “Solo Cristo” Ravenna – Italy.

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